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Il Reverendo Samuel Todd (PT. 1)

-“Okay… sono stata io a dirti di venire qui… Mea culpa. So anche di aver insistito, so di essere stata petulante… Però mi sembrava ovvio che non intendessi alle tre del mattino mentre tu sei completamente sbronzo!”

-“Perché?”

-“Perché cosa?”

-“Perché non ora? Perché dopo? Sono settimane che tu e mia madre mi pregate di passare a trovarlo. Mi dite che gli farebbe piacere. Che sarebbe giusto. Eccomi. Eccomi qua!” Disse Jeremy urlando. L’eco era forte, ed il suono rimbombò per alcuni secondi prima di dissiparsi completamente. La strada, interamente in ciottoli, era circondata di alberi, alti e cupi.

-“Pensa a ciò che lui ti diceva sempre. Jeremy… c’è un tempo per vivere e uno per morire. Un tempo per seminare e uno per raccoglier…”

-“Zitta. Ti prego. Stai zitta. Quanto manca al cimitero?”

-“Credo manchi pochissimo… se questa non è la strada per un camposanto, non so quale potrebbe mai essere?”

-“Che idiozia. Perché lo stiamo facendo?”

-“Appunto, torniamo indietro.”

-“Fallo se vuoi, non ti posso obbligare, io vado.”

-“Anche se credo sia la scelta giusta e so che me ne pentirò, non ti lascio da solo. Ora sbrigati, mi si sta scaricando il cell e se si spegne anche la torcia siamo fottuti!”

La restante strada venne percorsa in silenzio. Qualche ranocchia gracidava animando quello scuro ed umido sentiero. Alcuni uccellacci volavano sulle loro teste. Neppure un filo di vento sfiorava i loro volti.

-“Siamo arrivati?”

-“Penso proprio di sì.”

-“Come si chiamava tuo padre?”

-“Samuel. Samuel Todd. Però credo che sulla tomba ci sia scritto Reverendo Todd. Non so.”

-“Da quanto tempo è morto?”

-“Non”

-“Non lo ricordi?”

-“Non l’ho mai conosciuto.”

-“EH? E la frase che diceva sempre? E tutti i ricordi che hai di lui? Dieci minuti fa ti ho citato un…”

-“Shh… la frase è della bibbia. Nella mia testa un reverendo cita spesso la bibbia, soprattutto a suo figlio, o no?”

-“Mi hai mentito?”

-“Perché quel tono interrogativo? Si, ti ho mentito. Vuoi lasciarmi solo dentro un cimitero? Fallo!”

-“Tu non mi hai mentito, tu hai mentito a te stesso, che è differente.”

-“Taci…”

-“Shh… hai sentito?”

-“Il vento.”

-“No che non è il vento. Stai zitto ed ascolta.”

Un rumore di passi pesanti in lontananza fece gelare il sangue nelle vene ai ragazzi, sempre più decisi a tornare indietro. Poi un fruscio di foglie. Poi silenzio.

-“Che facciamo?”

-“Hai il diritto di vedere la tomba di tuo padre. Anche se sarà, molto probabilmente, l’ultima cosa che faremo.”

-“Torniamoci domani, no? Mi sembra una bellissima idea.”

-“Muoviti… e poi non eri convinto fosse il vento!?”

-“Sai, non vorrei morire con una persona diversa da te al mio fianco.”

-“Grazie del complimento, ma comunque voglio almeno un ciondolo Pandora per quest’impresa. Non pensare di cavartela con qualche frase smielata. Idiota!”

-“Lo sapevo che voi donne siete una tassa! Comunque da ciò che ricordo delle spiegazioni di mia mamma dovrebbe essere la seconda a destra.”

Uno starnuto infranse nuovamente il silenzio. I ragazzi, atterriti, rimasero in silenzio, pietrificati. Lei si mosse, dopo istanti lunghi come lustri, e proseguì. Jeremy la seguì in silenzio. I passi divennero impercettibili. L’obiettivo di entrambi era scomparire, divenire invisibili.

-“E tua madre non parla mai di lui?”

-“No. Mai. Mi diceva sempre che solo se mai mi fossi recato sulla sua tomba, allora avrei avuto spiegazioni. Altrimenti nulla.”

-“E tu?”

-“È un ricatto. Io non cedo ai ricatti. Mai.”

-“Mi sa che siamo arrivati. C’è un angelo vicino?”

-“Sì, o almeno, dalle descrizioni di mia madre, traspare un angelo.”

-“Prego.”

-“Che?”

-“Vai avanti tu!”

-“Che cosa? No!”

-“Muoviti. Pappamolla.”

Jeremy, ferito nell’orgoglio, si avvicinò. Non fece in tempo ad individuare il nome sulla tomba giusta, che notò un macabro particolare. Un uomo accasciato a terra. Sembrava pregasse. Di corsa indietreggiò, non riuscendo a trattenere un urlo. Anche lei urlò, più spaventata dalle grida di Jeremy che dal reale pericolo, ancora non ben individuato. L’uomo si alzò da terra, abbastanza preoccupato, e con gesti larghi fece segno di essere vivo, ma soprattutto pacifico.

Jeremy si riavvicinò, tentando di balbettare qualche parola, ma con scarso successo.

-“Ciao amico, noi siamo Jeremy Todd, che è lui, ed io sono la sua ragazza. Lui sta cercando la tomba di suo padre, tu chi sei?”

Jeremy la guardò sbigottito. Non un tremore nella sua voce. Non un’espressione di terrore sul volto. Parlò con la stessa naturalezza con cui ogni lunedì litigava con la professoressa zoccola di inglese.

-“Piacere, io sono il reverendo Samuel Todd.”

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