Racconti

La Bibliotecaria

Come di consueto, Carola appena sveglia, prese la vestaglia di fianco al letto e la indossò, poi si avvicinò all’abat-jour e tirò, con un movimento veloce la corda che pendeva dalla lampada, accendendola. A tentoni si alzò dal letto e si avvicinò al largo finestrino sul lato destro della stanza, ed alzò la tapparella. Uscendo sul balcone, l’aria odorava di terra bagnata e di asfalto, come quando, dopo un potente temporale, per le vie si sente quell’odore così triste ma familiare. Carola annusò l’aria a pieni polmoni, restando in piedi sul davanzale finché le mani non le si congelarono completamente. Era Novembre, ma il clima era rigido, e le giornate si susseguivano piovose e cupe. Il grigiore poneva sui volti delle persone un aura strana, quasi li depersonificasse e li rendesse semplici ombre, incapaci di vedere oltre il proprio naso, ma questo a Carola non succedeva, anzi. La mattinata si svolse monotona. Come tutti i giorni la giovane si vestì in modo semplice, scegliendo dall’armadio i pantaloni neri a due nodi ed il maglioncino bordeaux a cinque nodi. Poi prese il terzo paio di converse partendo da sinistra, sempre bordeaux, le indossò ed uscì di cosa. Il passo spedito, scandito dal rumoroso orologio che aveva al polso, e che faceva presagire che Carola fosse in ritardo, la condusse fino alla biblioteca dove lavorava. Erano già le 7:30, e lei aveva solo trenta minuti per sistemare tutti i libri che ieri sera non era riuscita a riordinare negli scaffali giusti, e, se avesse fatto presto, forse avrebbe potuto concedersi qualche pagina del libro che stava leggendo in quel periodo. Furono le 8:00 e le persone iniziarono ad arrivare, ma, nonostante il vocio generale delle persone in cerca di libri o di salette private, i dubbi su come si prende e quando si restituisce un libro o su quando va riportato una volta letto, comunque nessuno chiese nulla a Carola, la bibliotecaria. Forse la vedevano troppo giovane, si sa, nell’immaginario collettivo, la bibliotecaria è una signora anziana con uno chignon mal fatto sul capo e gli occhiali da lettura penzoloni sul collo, non una ragazza giovane, in sneakers e jeans neri. In poco tempo dall’assunzione di Carola la biblioteca fu sempre più spoglia di persone, ma soprattutto di libri. Finché una mattina piovosa come tutte le altre, a casa della ragazza non arrivò una lettera che lei però non riuscì a leggere. Forse la fretta, forse il modo in cui era scritta, comunque era ritardo, ci avrebbe pensato dopo. Corse letteralmente a lavoro, ma, passando il badge davanti alla porta magnetica della biblioteca, non si aprì. La passò e la ripassò più volte, finché disperata non chiamò, quasi piangendo, il suo datore di lavoro.

-“Signorina Carola, mi dispiace molto per quello che è successo, ma sa come vanno queste cose, è tutta una questione economica. E lei di soldi me ne ha fatti perdere troppi. Risanare la mia immagine non vale questo capitale.”

-“Mi scusi, ma lei di cosa sta parlando? Io la chiamo perché il mio badge non funzion…”

-“Ovvio che non funziona Signorina, lei è stata licenziata, non ha ricevuto la lettera? Ah no aspetti, giusto, lei è ceca. Certo, come ho fatto a non pensarci, questo è il motivo per cui l’ho licenziata. Mi dispiace molto, ma i soldi valgono molto più delle persone. Ora la saluto, arrivederci, e spero di vederla ancora nella nostra libreria come lettrice, perché, si ricordi sempre che noi abbiamo la più grande raccolta di testi in Braille della città. Arrivederci.”

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